Una buca causò la morte di un giovane ventenne romano, nel 2012. Una delle tante irregolarità del manto stradale della Capitale, al centro di tante polemiche, fu alla base della perdita del controllo del motorino con il quale stava percorrendo via Cristoforo Colombo, arteria che collega la zona Eur con Ostia. Per questa vicenda rischiano di finire sotto processo cinque persone: si tratta di dirigenti del Comune di Roma all’epoca dei fatti e imprenditori. Nei loro confronto il pm Francesca Passaniti, che ha proceduto alla chiusura delle indagini, contesta il reato di omicidio colposo.

Rischiano il rinvio a  giudizio l’allora dirigente dello Sviluppo Infrastrutture e manutenzione Urbana del Campidoglio, Maurizio Viola e i dipendenti dello stesso dipartimento Stefano Serafini e Savino Senisi. L’incidente avvenne nel gennaio di sei anni fa. Matteo Giovannetti stava percorrendo la ‘Colombò a bordo del suo scooter. Il giovane, all’altezza dello svincolo di via della Magliana, a causa di una buca sull’asfalto fu costretto ad una manovra improvvisa. Un gesto rapido che però gli fece perdere il controllo del mezzo e lo fece  sbattere prima contro un guardrail e poi con la testa contro una colonnina di marmo. Uno scontro violentissimo che purtroppo gli causò ferite mortali.

La chiusura dell’inchiesta è stata notificata anche all’allora presidente del Consorzio Stabile Roma Scarl, Giuseppe Mapei che all’epoca gestiva la manutenzione del manto stradale e al direttore tecnico del cantiere, l’ingegner Carlo Giorgi. Quest’ultimo in particolare è accusato di avere assunto «formalmente l’incarico di responsabile della sorveglianza», e di avere poi delegato la mansione a Pietro Tonanzi (ora deceduto) «soggetto senza requisiti e competenze tecniche che non aveva la qualifica di geometra o ingegnere come richiesto».

Secondo l’accusa i dirigenti comunali avrebbero violato «i doveri di controllo e direzione dell’appalto – è scritto nell’atto di chiusura indagine – in ordine all’individuazione dell’effettivo e reale responsabile della sorveglianza di fatto svolta da persona diversa da quella indicata nel contratto (dove si faceva riferimento al direttore tecnico, Carlo Giorgi), priva di requisiti di professionalità richiesti, e quindi inidonea a svolgere l’incarico». Proprio nelle scorse settimane la Procura ha avviato una nuova indagine dopo gli esposti presentati da alcune associazioni di consumatori sulla vicenda buche. Un procedimento allo stato senza indagati e ipotesi di reato.

Il nostro studio dopo aver preso in mano il caso, ha messo a disposizione, senza anticipo di spese, tutte le figure professionali, ed è riuscito a riaprire il procedimento penale che stava per essere archiviato. Grazie ad una nostra perizia il PM ha riaperto le indagini che hanno portato al rinvio a giudizio di alcuni dirigenti del Comune di Roma. La strada è lunga ma aver riaperto un caso destinato ormai su un binario morto è già una vittoria.